Fondazione SMuovilavita

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Criteri diagnostici

La classificazione più utilizzata nei protocolli di ricerca è quella proposta da Poser, basata sulla sintesi dei dati clinici, di laboratorio e strumentali, rappresentati da:
• l’evidenza clinica di disseminazione spaziale e temporale dei sintomi e dei segni;
• la comparsa di lesioni alla risonanza magnetica (RM);
• la dimostrazione di bande oligoclonali di IgG (BO IgG) nel liquor;
• la presenza di potenziali evocati visivi (PEV) alterati.

Recentemente sono stati proposti nuovi criteri dove la RM assume un ruolo più importante, equiparabile a quello dell’esame clinico.
Secondo queste nuove linee guida, peraltro ultimamente riviste ed aggiornate, la diagnosi di SM richiede, in varia combinazione:
• l’evidenza clinica di disseminazione spaziale e temporale dei sintomi e dei segni;
• l’evidenza RM di disseminazione spaziale e temporale delle lesioni;
• la dimostrazione di BO IgG nel liquor;
• la presenza di potenziali evocati visivi (PEV) alterati.

PEV e IEF - Potenziali Evocati e Focalizzazione Isoelettroforetica

Per la diagnosi di sclerosi multipla possono essere utili altre due metodiche rappresentate dai potenziali evocati (PE) e dalla focalizzazione isoelettroforetica o isoelettrofocusing (IEF).

Il contributo diagnostico dei potenziali evocati si basa sulla capacità di evidenziare rallentamenti dei tempi di conduzione lungo le vie visive, uditive, sensitive e motorie, anche in quei casi in cui l’esame clinico non sia in grado di rivelare una sintomatologia corrispondente.
In tal modo è possibile evidenziare una multifocalità delle lesioni che è inapparente dal punto di vista clinico.

Potenziali evocati visivi (PEV).
I PEV, in particolare, sono un esame neurofisiologico che misura la trasmissione dell’impulso nervoso lungo le vie ottiche, dove la conduzione nervosa appare frequentemente rallentata nella SM, soprattutto a livello del nervo ottico.

Sintesi intratecale IgG.
Abbiamo visto che la comparsa di una sintesi intratecale (cerebrale o liquorale) di anticorpi, in particolare di immunoglobuline appartenenti alla classe G (IgG), è una delle caratteristiche peculiari dell’immunopatogenesi della sclerosi multipla.
Le immunoglobuline rappresentano una frazione delle proteine del siero e sono distinte in 5 classi; IgM, IgA, IgD, IgE, IgG.
Le IgM sono le prime a comparire nel corso di una risposta anticorpale primaria, la prima volta cioè che veniamo a contatto con un agente estraneo (antigene). La produzione delle IgM è precoce e tende ad esaurirsi rapidamente.
Le IgG costituiscono l’80% di tutte le Ig presenti nel siero. Compaioni dopo le IgM in una risposta anticorpale primaria, ma rappresentano l’anticorpo prevalente nel corso di una risposta anticorpale secondaria, la seconda volta cioè che veniamo a contatto con lo stesso antigene che ha stimolato una risposta primaria.
La produzione delle IgG è quindi più tardiva e tende a persistere.

In condizioni fisiologiche, cioè in assenza di una reazione infiammatoria all’interno del sistema nervoso centrale, le IgG presenti a livello liquorale, derivano esclusivamente dal siero; la barriera emato-encefalica (BEE) controlla il passaggio di proteine dal compartimento sistemico (sangue) a quello liquorale o intratecale mediante le giunzioni serrate, che limitano il transito di proteine dal sangue, in cui sono più concentrate, al liquor, in cui sono meno concentrate.
Nel corso di una reazione infiammatoria all’interno del sistema nervoso centrale, si assiste ad un aumento della permeabilità della BEE, conseguente ad una apertura delle giunzioni serrate. Questo comporta un aumento della diffusione delle immunogobuline dal compartimento ematico, in particolare delle IgG poiché per le minori dimensioni passano più facilmente attraverso le giunzioni strette della BEE.
L’infiammazione intratecale, però, si accompagna anche ad una sintesi intratecale di proteine, in particolare di IgG. Quindi l’aumento delle IgG nel liquor dipende da due distinti meccanismi che possono coesistere o verificarsi in modo indipendente:
• l’aumento della frazione di IgG che deriva dal sangue (disfunzione della BEE);
• la comparsa di una frazione di IgG prodotta a livello del SNC (sintesi intratecale).
A questo punto, nel caso di un aumento delle IgG liquorali, diventa fondamentale riuscire a distinguere fra IgG sangue-derivate e IgG cervello-derivate, per ottenere una corretta valutazione sulla quota di IgG effettivamente sintetizzata nel SNC.
A tal fine sono state proposte differenti metodiche: metodi quantitativi basati sull’utilizzo di formule matematiche e metodi qualitativi basati sulla ricerca di bande oligoclonali (BO) IgG nel liquor.

IEF.
L’IEF è una tecnica elettroforetica che ricerca la presenza di bande oligoclonali (BO) IgG nel liquido cerebro-spinale (LCS) estratto attraverso la rachicentesi o puntura lombare e, cioè, mediante l’introduzione di una ago a livello degli spazi intersomatici L3-L4 o L4-L5 della colonna vertebrale (Figura 1).
Le bande oligoclonali sono sottili strisce costituite da anticorpi appartenenti alla classe delle IgG che, insieme ad altre proteine, migrano su un apposito gel di agarosio o poliacrilamide, in base al proprio punto isoelettrico ed a pH costante. Durante l’IEF, le IgG migrano all’altezza della zona catodica dove il pH è alcalino, sotto forma di bande sottili ,molto nette e ben distinte fra loro (Figura 2).

Figura 1. Rachicentesi o puntura lombare. Figura 2. Bande oligoclonali 
liquorali (BO) all’IEF.
Rachicentesi Bande Oligoclonali

La presenza di bande oligoclonali di IgG nel LCS e non nel siero corrispondente, si osserva in più del 90% dei casi di SM e, pertanto, la loro dimostrazione rappresenta a tutt’oggi una tecnica indispensabile per la diagnosi di SM.

Risonanza magnetica nucleare

La diagnosi di SM si basa sulla dimostrazione della disseminazione spaziale e temporale disintomi e segni che caratterizza la malattia. Per raggiungere questo obbiettivo si utilizzano l’esame clinico ed un’indagine strumentale assai potente rappresentata dalla Risonanza magnetica (RM).
La Risonanza magnetica è una metodica che sostituisce ai raggi X le onde elettromagnetiche ricostruendo al computer le immagini ottenute.
Essa consiste nell’applicazione di un forte campo magnetico, tramite una potente “calamita” ed impulsi di radiofrequenza grazie ai quali tutti gli atomi, in particolare quelli dell’acqua, subiscono modificazioni transitorie del loro livello energetico; alla sospensione di ogni impulso tutti gli atomi tornano alla loro condizione di riposo. Essa consta di due tempi T1 e T2 ognuno specifico di morfologia e studio del parenchima cerebrale.
Un potente computer è in grado di tradurre i segnali, così ottenuti, in immagini molto dettagliate del cervello e del midollo, con la possibilità di localizzare lesioni derivanti dalla distruzione della mielina.
Le lesioni demielinizzanti, alla RM, appaiono come aree focali “brillanti”, più spesso di forma irregolare, ovoidale o rotondeggiante, a segnale iperintenso nelle sequenze pesate in T2 e principalmente distribuite attorno ai ventricoli laterali, nella sostanza bianca del tronco encefalico, del cervelletto e del midollo spinale.
La RM è un’indagine assolutamente innocua (anche per le donne gravide) e quindi ripetibile anche in periodi ravvicinati.
E’ solitamente ben tollerata e presenta limiti di applicazione solo in chi soffre di forme particolarmente severe di claustrofobia e nei portatori di protesi, mezzi di sintesi ossea o impianti di apparecchi in metallo ferrosi.
Ugualmente innocuo è il gadolinio, mezzo di contrasto paramagnetico, iniettato per via endovenosa nel corso dell’esame per aumentare le informazioni fornite dalla RM.

RMN con gadolinio.
L’impregnazione di gadolinio da parte delle lesioni demielinizzanti, nelle sequenze pesate in T1, riflette un’alterazione della barriera emato-encefalica (BEE) dovuta alla presenza di una infiammazione in atto.
La BEE è una unità morfo-funzionale in grado di isolare il liquor ed il tessuto nervoso dal sangue regolando attivamente ed in modo selettivo gli scambi di sostanze e cellule tra il circolo sanguigno ed il sistema nervoso centrale (SNC). In condizioni normali la BEE non permette il passaggio di gadolinio, ciò che si verifica invece nel corso di una reazione infiammatoria all’interno del SNC come nel caso di sclerosi multipla.

Figura 1. Lesione demielinizzante alla RM nelle sequenze T2 FLAIR (A) e T1 dopo contrasto (B).

Dato che l’assunzione di gadolinio riflette un’alterazione della barriera emato-encefalica (BEE) dovuta alla presenza di una infiammazione in atto, i focolai dotati di accentuazione contrastografica sono considerati come placche di recente insorgenza in cui il processo infiammatorio è attivo, mentre quelli privi di assunzione contrastografica vengono definiti come placche di vecchia data in cui il processo infiammatorio è inattivo. 
Pertanto, come l’esame clinico, anche la RM è in grado di valutare la presenza di attività di malattia. La RM, però, è più sensibile nella misurazione dell’attività di malattia rispetto all’esame clinico poiché la comparsa di una lesione ipercaptante gadolinio e, cioè, la presenza di attività infiammatoria, o, comunque, un nuovo focolaio demielinizzante, può verificarsi anche in assenza di recidive e, cioè, di attività clinica della malattia.
Questo accade per il fatto che una nuova lesione demielinizzante può insorgere in una regione del cervello “muta” dal punto di vista funzionale senza, perciò, provocare sintomi o segni clinici percepibili dal paziente e/o evidenziabili con l’esame clinico. L’indagine RM è, quindi, uno strumento importante per coadiuvare l’esame clinico nella diagnosi di SM. Infatti, la comparsa di lesioni multifocali in diverse sedi anatomico-funzionali dell’encefalo fornisce l’evidenza di una disseminazione spaziale, mentre la coesistenza di lesioni attive dotate di accentuazione contrastografica e di focolai inattivi privi di impregnazione contrastografica e, cioè, di lesioni che si formano in differenti fasi temporali dimostra la presenza di una disseminazione temporale.

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Diagnosi e monitoraggio

La diagnosi della sclerosi multipla si basa su un insieme di dati ottenuti da varie indagini cliniche, strumentali e di laboratorio.
Le indagini cliniche si distinguono in una “anamnesi medica” e in un ”esame neurologico” ; sono generalmente eseguite dal medico specialista che vi ha in cura. 
L'anamnesi medica consiste nella raccolta di tutte quelle informazioni relative alla vita del paziente e della sua famiglia, a precedenti malattie (dalla nascita fino al momento della visita), alle modalità di insorgenza e di decorso della malattia in atto. 
Un attento esame neurologico serve a rilevare segni neurologici quali dei cambiamenti nei movimenti oculari, anomalie nella coordinazione degli arti superiori e/o inferiori, debolezza (deficit della forza e/o resistenza agli arti), alterazione dell'equilibrio, alterazione della sensibilità (prova del caldo e freddo), sensibilità alle vibrazioni e riflessi, cambiamenti nel linguaggio.

Il quadro clinico deve essere accompagnato da indagini strumentali e di laboratorio, per una corretta diagnosi della malattia, quali l'esame del liquor cerebro spinale, l'esame del siero del sangue (emocromo completo), la risonanza magnetica (RM), i potenziali evocati (PE).

Il liquido cerebro-spinale si preleva mediante un esame detto “rachicentesi” o più comunemente “puntura lombare”.Il liquido viene estratto mediante puntura, con ago apposito, a livello dello spazio intervertebrale tra la quarta e la quinta vertebra lombare. Può essere eseguita da seduti ( con la schiena arrotondata), o sdraiati su un lato in posizione fetale.
L'analisi in laboratorio del liquor cefalo-rachidiano evidenzia la presenza di un alto numero diimmunoglobuline di tipo G (IgG), ossia di anticorpi, espressione di una sintesi a livello cerebrale di anticorpi, caratteristica propria di tale malattia e di notevole importanza ai fini di una corretta diagnosi della stessa.

L'apporto diagnostico dei Potenziali Evocati (PE), si basa sulla capacità di rilevare un rallentamento nella conduzione degli impulsi nervosi lungo le vie esplorate (visive, uditive, sensitive, motorie). Una alterazione nella conduzione nervosa può essere presente anche nei casi in cui non vi sia un sintomo corrispondente. Tale esame diventa importante quindi, poiché consente di individuare lesioni non evidenti ad una indagine clinica.

La Risonanza Magnetica (RM) all'encefalo e al midollo ha assunto un ruolo di grande importanza sia nella diagnosi della SM, che nel monitoraggio del decorso della malattia. 
La RM sostituisce ai raggi X le onde elettromagnetiche permettendo di ricostruire al computer le immagini ottenute.
La RM consente di evidenziare le placche tipiche di questa malattia demielinizzante, e di seguire la sua evoluzione nel tempo.
Spesso nel corso dell'esame viene iniettato al paziente un liquido; si tratta di un mezzo di contrasto paramagnetico chiamato “gadolinio” capace di rivelare le alterazioni dello stato della barriera emato-encefalica nelle prime fasi del processo infiammatorio e di evidenziare la formazione di nuove placche.
L'aspetto più importante nella RM è la capacità di individuare lesioni clinicamente non evidenti.

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Statine e sclerosi multipla

Le statine rappresentano un gruppo di agenti farmacologici efficaci nel trattamento della ipercolesterolemia,in grado infatti di abbassare i livelli di colesterolo attraverso l'inibizione della 3-idrossi-3-metilglutglutaril coenzima A (HMG-CoA) reduttasi, enzima regolatore nella sintesi del colesterolo. Le statine vengono assunte oralmente e sono comunemente impiegate nel trattamento dell'aterosclerosi e di malattie coronariche.

Gli agenti in grado di modificare il decorso della malattia, attualmente impiegati nel trattamento della sclerosi multipla, non sono completamente efficaci, inoltre sono associati ad effetti avversi oltrecchè ad alti costi. Perciò ci si orienta verso la ricerca di trattamenti opportuni alternativi (Neuhaus O et al., CNS Drugs 2005).

Nel 1995 si è osservato che la somministrazione di statine in pazienti che avevano subito trapianto di cuore, era associata a minori risposte di rigetto; ciò suggerì il ruolo delle statine nel trattamento di malattie infiammatorie (Darlington CL, Curr Opin Investig Drugs 2005).

Le statine, ampiamente prescritte come agenti in grado di abbassare i livelli di colesterolo, potrebbero rappresentare un trattamento alternativo in futuro nella sclerosi multipla, da utilizzare sia singolarmente che in terapie associate, dal momento che hanno dimostrato potenti effetti immunomodulatori (Neuhaus O et al., CNS Drugs 2005). Diversi studi hanno infatti rivelato la capacità delle statine di prevenire e far regredire l'encefalomielite sperimentale autoimmune cronica e recidivante, modello animale sperimentale della sclerosi multipla. Inoltre studi in vitro con cellule immuni umane, hanno evidenziato un'azione immunomodulatoria delle statine comparabile a quella dell'interferone beta 1-b (Neuhaus O et al., CNS Drugs 2005).

Studi in vitro hanno rivelato la capacità delle statine di ridurre l'espressione delle molecole di adesione cellulare indotte dall'attivazione sulle cellule T (Koh CS, Nippon Rinsho 2003), in particolare inibiscono l'espressione dell'integrina LFA-1 sulle cellule T, ligando della ICAM-1, molecola di adesione cellulare espressa sulla superficie luminale delle cellule endoteliali cerebrali, impedendo in tal modo l'ingresso di cellule flogistiche, come i linfociti T, all'interno del parenchima cerebrale. Inoltre è stata osservata, in vitro, una riduzione dellametalloproteasi di matrice-9 (MMP-9) (Koh CS, Nippon Rinsho 2003), enzima proteolitico che contribuisce all'"apertura" della barriera emato-encefalica e, perciò, ad amplificare lamigrazione transendoteliale delle cellule infiammatorie, in più la MMP-9 è dotata di attività mielinotossiche e neurotossiche.

Le statine, ancora, riducono,in vitro, l'espressione di recettori per le chemochine sia sui linfociti T che B (Koh CS, Nippon Rinsho 2003).

Ciò dimostra come le statine,in vitro, siano agenti immunomodulatori effettivi che meritano una valutazione come possibile trattamento della sclerosi multipla (Koh CS, Nippon Rinsho 2003).

Uno studio clinico, caratterizzato dal trattamento di pazienti affetti da sclerosi multipla con simvastatina, ha rivelato un significativo decremento del numero e del volume di nuove lesioni, come dimostrato dalla risonanza magnetica per immagini con mezzo di contrasto paramagnetico gadolinio (Neuhaus O et al., CNS Drugs 2005).

Uno degli approcci verso un miglioramento dell'efficacia di terapie per la SM sta nella capacità di identificare farmaci che determinino un beneficio sinergico quando usati in combinazione (Stuve O et al., J Clin Invest 2006).

La somministrazione orale di statine, con effetti immunomodulatori ed efficacia nel trattamento dell'EAE, modello della sclerosi multipla, è stata sperimentata nella SM. Dal momento che l'atorvastatina evidenzia effetti protettivi mediati dai linfociti Th2 e che possiede meccanismi d'azione differenti rispetto al glatiramer acetato (copolimero I), un agente immunomodulatore somministrato per via parenterale approvato nel trattamento della sclerosi multipla, è stato sperimentato se la associazione di questi agenti potesse essere efficace nell'EAE (Stuve O et al., J Clin Invest 2006).

Nei topi trattati con l'associazione atorvastatina e glatiramer acetato (copolimero I), la secrezione di citochine proinfiammatorie da parte dei linfociti Th1, era diminuita, al contrario, invece, la secrezione di citochine antiinfiammatorie secrete dai linfociti Th2 era incrementata; lo stesso non si era riscontrato nei topi trattati con ogni farmaco singolarmente e alle stesse dosi. Ciò dimostra che agenti con differenti meccanismi immunomodulatori, possono essere associati in modo sinergico nel trattamento dell'autoimmunità del sistema nervoso centrale e rappresenta il fondamento per sperimentare l'associazione atorvastatina e copolimero nella sclerosi multipla (Stuve O et al., J Clin Invest 2006).

Si sono conclusi due studi clinici sull' efficacia di due statine, in particolare la simvastatina (Vollmer T et al., Lancet 2004) e la lovastatina (Sena A et al., J Neurol 2003), in pazienti affetti da sclerosi mutipla, che sembrano confermare le statine come potenziale terapia nella SM, da utilizzare singolarmente o eventualmente in associazione con altri farmaci già in terapia. E' fondamentale sottolineare che i dati ottenuti sono ancora preliminari e che richiedono ulteriori conferme in quanto ad efficacia e tollerabilità. Quindi è sconsigliato ai pazienti con SM iniziare ad assumere statine come automedicazione prima che ulteriori studi su un numero più ampio di casi e di maggior durata siano conclusi.

Bibliografia.

Darlington CL. The potential role for statins in the treatment of multiple sclerosis. Curr Opin Investig Drugs 2005; 6(7):667-71.

Neuhaus O, Stuve O, Zamvil SS, Hartung HP. Evaluation of HMG-CoA reductase inhibitors for multiple sclerosis: opportunities and obstacles. CNS Drugs 2005; 19 (20): 833-41

Neuhaus O, Stuve O et al. Putative mechanisms of action of statins in multiple sclerosis comparison to interferon-beta and glatiramer acetate. Neurol Sci 2005; 233 (1-2): 173-7.

Koth CS. Effect of atorvastatin in multiple sclerosis. Nippon Rinsho 2003; 61 (8): 1455-60.

Stuve O, Youssef S, Weber MS, Nessier S, et al. Immunomodulatory synergy by combination of atorvastatin and glatiramer acetate in treatment of CNS autoimmunity. J Clint Invest. 2006; 116(4): 1037-44.

Sena A, Pedrosa R, Morais MG. Therapeutic potenzial of lovastatin in multiple sclerosis. J Neurol 2003; 250(6): 754-5.

Vollmer T, Key L, Durkalski V, Tyor W, Corboy J, Markovic-Plese et al. Oral simvastatin treatment in relapsing-remitting multiple sclerosis. Lancet 2004; 363(9421): 1607-8.

Chi siamo

La Fondazione "SMuovilavita - Onlus" è nata con l'obiettivo di favorire la ricerca scientifica e l'assistenza sanitaria nella provincia di Vicenza a favore dei malati di sclerosi multipla, una malattia che in Italia colpisce circa una persona su mille.

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